Aprile 1945 è un mese movimentato: gli ultimi bombardamenti con morti civili, l’eccidio dei Pini per rappresaglia e, infine, la Liberazione.
Ai primi di aprile 1945 tre tedeschi stanno camminando su una strada nei pressi di Torre Maina. Manca meno di un mese alla liberazione di Maranello, ma questo ancora non si sa. Non si sa neanche perché questi tre tedeschi si stiano avventurando in una zona risaputamente presidiata dai partigiani: disertori o sprovveduti? Troppo tardi per saperlo. I partigiani fanno fuoco, ne uccidono due e feriscono il terzo.
L’11 aprile arriva la rappresaglia. Un gruppo di tedeschi comincia a perquisire ogni casa del circondario, persino la chiesa di Torre Maina dove Don Orlandi sta tenendo lezione di dottrina. Stanno per fucilarlo, ma i fedeli gli si parano davanti come scudo e il parroco viene risparmiato. Non è così per tre giovani parenti che abitano presso il fondo di Ripalta e che diventano l’obiettivo della rappresaglia: Giuseppe Pini di 31 anni, il suo omonimo Giuseppe Pini di 20, e Onelio Pini di 24. La strage è conosciuta come l’eccidio dei Pini, l’ultima ad avere luogo nel maranellese.
Anche i bombardamenti si fanno sentire fino all’ultimo. A ridosso della Liberazione viene distrutto il Consorzio Agrario di Via Claudia poiché occupato dai tedeschi come deposito di armi e munizioni. Poi, è il turno della Fornace di Giacomo Prandini Bartolini, usata dai tedeschi come fureria. Il bilancio, però, conta vittime solo fra i civili: nessun tedesco viene colpito, e le banconote depositate nella fureria voleranno nel cielo per ore, sospinte dal contraccolpo.
Undici giorni dopo la strage dei Pini, il 22 aprile 1945, le truppe alleate entrano finalmente a Maranello e liberano la città. Sono Americani, Sudafricani, Brasiliani: visi esotici agli occhi della popolazione, che dai cingolati lanciano caramelle, chewing-gum, sigarette, e si fanno fotografare con i maranellesi in festa. Uno dei carri armati rimane in panne all’incrocio fra Via Trebbo e Via Claudia. Per i bambini, il cingolato bloccato diventa subito un gioco, tanto che alcuni, salendo in cima, fanno partire senza volere una cannonata contro il campanile di San Biagio. Per fortuna, nessun danno: sarà l’ultimo colpo di mortaio che la città è costretta a sentire.
Il giorno seguente si insedia a Maranello la nuova giunta municipale popolare formata da esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale. Tra le sue fila conta personaggi di tendenza socialista e comunista, ma anche tecnici apolitici esperti in agricoltura e commercio per rimettere in piedi la città. È iniziato un nuovo giorno: la guerra, questa volta, è finita per davvero.
Bibliografia
Silvano Soragni, “Maranello, dal Feudo Calcagnini… alla Scuderia Ferrari”, Artioli Editore, 2004