Il tesoro nascosto dei boschi
Il territorio delle Valli Dolo e Dragone si snoda tra i Comuni montani di Frassinoro, Montefiorino e Palagano e custodisce, sotto la terra dei suoi boschi, una pregiata delizia: il tartufo. Tra gli esemplari che crescono spontaneamente in queste zone c’è il Tuber Magnatum Pico, detto anche il re tartufo bianco dell’Appennino Modenese. Tra rilievi ofiolitici e imponenti massi testimoni di un’eredità millenaria, si possono trovare anche varietà di tartufo come l’uncinato o tartufo nero di Fragno Scorzone, il bianchetto o marzuolo e il tartufo nero liscio.
Le caratteristiche del tartufo
Il Tartufo Valli Dolo e Dragone è particolarmente pregiato per sapore e profumo e rappresenta un prodotto territoriale di grande qualità. E’ un fungo che vive sottoterra, a forma di tubero e costituito da una massa carnosa detta gleba, rivestita da una sorta di corteccia chiamata peridio.
Il tartufo è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nasce e si sviluppa vicino a pioppi, noccioli, querce e salici, ed è proprio la sua posizione a determinare le caratteristiche di colorazione, sapore e profumo. Ad esempio, i tartufi che crescono nei pressi della quercia hanno un profumo più pregnante, mentre quelli vicino ai tigli sono tipicamente più chiari ed aromatici. La forma, invece, dipende dal tipo di terreno: se è soffice, il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio. In genere la maturazione avviene nel periodo autunnale, ma esistono anche specie primaverili, estive ed invernali.
Storia e cultura del tartufo
Il tartufo è un frutto della terra conosciuto sin dai tempi antichi. Possiamo rintracciare le prime testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei sumeri e al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 – 1600 a.C. L’opinione di Plinio nella sua veste di naturalista era che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare“.
E’ anche noto che papa Gregorio IV ne fece largo uso per compensare le energie spese nel fronteggiare i Saraceni. Sant’Ambrogio poi ringraziava il vescovo di Como, San Felice, per la bontà dei tartufi ricevuti.
Nel ‘700, la ricerca del tartufo costituiva un divertimento di palazzo per cui gli ospiti e ambasciatori stranieri a erano invitati ad assistervi. Da qui forse nasce l’usanza dell’utilizzo di un animale elegante come il cane per la cerca.
Marchio di tutela del tartufo e uso in cucina
Il marchio di tutela collettivo Tradizioni e sapori di Modena – Tartufo Valli Dolo e Dragone è stato realizzato dalla Camera di Commercio di Modena in collaborazione con il GAL, la Comunità Montana dell’Appennino Modena Ovest ed i Comuni di Frassinoro, Montefiorino, Palagano e Prignano. Il marchio impone il rispetto di un disciplinare che delimita l’area di produzione, le specie raccolte e le caratteristiche del tubero.
Mentre per la scienza botanica le differenze fra il tartufo bianco e quello nero sono minime, in cucina le due specie vengono nettamente distinte secondo un principio essenziale: il tartufo nero va consumato in quantità, quello bianco è in pratica un aromatizzante che trasmette ai cibi soprattutto il suo profumo e va quindi impiegato in dosi minime. I tartufi più pregiati si possono mangiare crudi, tagliati con il tagliatartufi e serviti direttamente sulla vivanda pronta, ad esempio sopra ad un buon piatto di tagliatelle.